Il Principio dell’onere della prova

Il Principio dell’onere della prova

Come deve giudicare il giudice quando una o entrambe le parti non sono riuscite a provare le circostanze di fatto che hanno rispettivamente allegato?

Il giudice deve sempre giudicare, sia che disponga e sia che non disponga di prove.

L’insufficienza della prova equivale a mancanza di prova.
In mancanza di prove soccombe la parte che sarebbe stata tenuta a provare le circostanze necessarie per il giudizio.

Come si distribuisce l’onere della prova tra le parti?

L’onere è di chi afferma l’esistenza di un diritto il quale deve provarne i fatti costitutivi (art 2697 c.c.).

Chi affronta l’alea del giudizio assume l’impegno di provare ciò che afferma, assumendo la responsabilità dell’insuccesso. L’altra parte può offrire la prova contraria; si trova in posizione di vantaggio poiché, in caso di parità, prevale.
Il convenuto ha invece l’onere della prova dei fatti estintivi, modificativi, impeditivi.
Il fallimento della prova sull’eccezione del convenuto dà la vittoria alla parte che abbia provato i fatti costitutivi.

Il superamento dell’onere della prova

NON CONTESTAZIONE E AMMISSIONE DEI FATTI RILEVANTI
L’art. 115 c.p.c. stabilisce che, salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita. Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.
Tale mancata contestazione e l’ammissione non hanno lo stesso effetto ma valgono per definire il contegno processuale e quindi come argomento di prova.

ACQUISIZIONE DELLA PROVA
Il giudice può ammettere d’ufficio la consulenza tecnica o la richiesta d’informazioni.
Ne segue che le informazioni richieste dal CTU, d’iniziativa o su autorizzazione del giudice, entrano a tutti gli effetti nel processo come prova, senza necessità d’iniziativa delle parti.
L’iniziativa del CTU, di concerto con il giudice nei limiti dell’ammissibilità della prova d’ufficio, deve essere valorizzata dal consulente ai fini della conciliazione. Benché non abbia valore rispetto al processo, il consulente può assumere qualsiasi informazione utile ed avvalersene per prospettare alle parti possibili soluzioni.

FATTI NOTORI
II “fatti notori” sono i fatti che rientrano nella comune esperienza e che possono essere posti a fondamento della decisione senza bisogno di prova (art. 115 comma 2 c.p.c.)
Così come per il giudice, anche per il consulente, i fatti notori non sono fatti accidentalmente conosciuti ma si tratta di fatti che sono noti alla generalità delle persone, alla quale appartiene anche il giudice.
Il consulente peraltro può considerare notorio ciò che tale è nella limitata comunità degli esperti e degli specialisti di una determinata materia.